Nel giorno delle esequie di Giuseppe Distaso un monito rivolto ai giovani

«Cari giovani non sentitevi invincibili. L'invincibilità è un mito rumoroso del mondo»: parla don Mimmo Marrone

martedì 30 dicembre 2025 18.29
A cura di Anna Verzicco
"Fratelli e sorelle, siamo qui immersi in un dolore che toglie il respiro. La liturgia del Natale ci dice che Dio entra nel tempo. Ma per noi, per questa comunità, per questa famiglia, sembra che il tempo si è fermato proprio la notte di Natale" – così inizia don Mimmo Marrone durante l'omelia nel giorno del funerale di Giuseppe Distaso, il ragazzo di soli diciotto anni morto nel giorno di Natale in un tragico incidente stradale.

Il rito funebre è stato celebrato nella giornata di ieri - 29 dicembre - nella Parrocchia Sacro Cuore di Gesù e ha visto il luogo sacro riempirsi di giovani giunti per dare l'ultimo saluto al loro caro amico.

"Mentre la Vita nasceva, noi ci siamo ritrovati a piangere una vita che si spezzava: Giuseppe, diciotto anni. Un'età che non è ancora storia, ma pura promessa. Un libro aperto su una pagina bellissima, reciso da un punto esclamativo che somiglia a una ferita. Non è solo la brevità della vita a sgomentarci, ma quella sensazione di un'esistenza compressa, stritolata dall'ingranaggio di un tempo che non sa più attendere. Corriamo su una soglia di fuoco, confondendo l'ebbrezza con la libertà, l'azzardo con il coraggio, il brivido di un istante con l'eternità" – continua don Mimmo.

"La notte non è un palcoscenico per l'euforia senza legge; è una soglia sacra. E ogni soglia esige sacro rispetto, poiché l'attimo in cui la si varca può sigillare un destino. Siamo fragili creature che camminano sul filo del mistero. Nella penombra, ogni scelta pesa come macigno, anche quando appare piuma. Un riflesso, un battito di ciglia, una frazione di secondo: e l'invincibilità svanisce. Siamo vasi di cristallo che si credono di ferro, fragili creature che camminano sul filo del mistero. Eppure, proprio in questo cammino incerto, sentiamo il bisogno di aggrapparci alla promessa del Salmista: «Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce». Il nostro caro Giuseppe si è trovato ad attraversare la valle oscura: Dio l'ha preso per mano e l'ha condotto verso la vita che non muore - continua parlando del giovane che ha perso la vita in quel tragico incidente - il nostro Giuseppe, oggi, non ci parla con le parole: è il suo silenzio a diventare voce. Un silenzio che si fa testamento e ci affida un comando essenziale: custodite la vita".

Don Mimmo poi rivolge un monito direttamente ai giovani: "Viviamo in un tempo che corre senza soste, che consuma i ritmi e confonde l'intensità con la velocità. Ci illudiamo che essere vivi significhi bruciare tutto e subito, come se l'esistenza fosse una fiamma da esaurire in fretta. Eppure il corpo umano — cari giovani — è un tempio santo e insieme fragilissimo, simile a un vaso di cristallo: basta un attimo di distrazione, un'ombra inattesa sulla strada, e ciò che era bello e integro si infrange. Non sentitevi invincibili. L'invincibilità è un mito rumoroso del mondo; la fragilità, invece, è la nostra verità più autentica, quella che ci rende preziosi e reciprocamente necessari.
Giuseppe, in questa notte, continua a parlarci senza voce. I suoi sogni, rimasti sospesi tra le stelle di un cielo amaro, diventano un appello esigente: custodite la vita. Non trattatela come un pozzo senza fondo. Non scommettetela d'azzardo, come se il domani fosse un credito automatico. La vita è un dono immenso, ma delicato: chiede di essere amata con timore, protetta con cura, onorata con sapienza
".


"Ve lo dico con il cuore in mano: abbiate cura. Il vostro corpo non è un oggetto di consumo. Il tempo non è un nemico da abbattere in una folle corsa, ma uno spazio da abitare con dignità. La morte di un vostro coetaneo, cari giovani, non può restare cenere sterile; deve farsi seme di consapevolezza. Non lasciatevi sedurre dal buio che acceca. La notte dovrebbe essere il grembo dei sogni, il silenzio fecondo dove i progetti germogliano prima del sole. Perché svilirla in un teatro di eccessi? Non tutto ciò che è possibile è degno dell'uomo. Solo chi rispetta il mistero delle tenebre è pronto ad accogliere la luce dell'aurora": parla don Mimmo facendo riferimento alla necessità di prendersi cura di sé stessi, della propria vita.

Si rivolge poi ai genitori e ai fratelli di Giuseppe: "C'è un'assenza che pesa più di una presenza: è quella di chi condivideva la stessa storia, lo stesso sangue, le stesse stanze. D'ora in poi ci sarà sempre un posto vuoto, una risata mancata, un ricordo che torna all'improvviso. Vivere è portarlo con voi in un modo nuovo, invisibile ma reale. Giuseppe non è perduto; si è fatto ferita sacra, presenza invisibile che abita le vostre stanze. Per lui risuonano oggi con forza le parole di Gesù nel Vangelo: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore... Io vado a prepararvi un posto». In questo ribaltamento del cosmo che state vivendo, Cristo si presenta a Giuseppe e a tutti noi come la Via, la Verità e la Vita, l'unico capace di ricomporre il tempo spezzato e guidarci nell'Abbraccio dove ogni lacrima viene finalmente asciugata. Dio non vi chiede di essere forti. Non vi chiede di capire, né di accettare. Vi chiede solo di non lasciarvi morire dentro. Di respirare, anche se fa male".

"Il dolore, poi, raramente nasce solo dal caso; più spesso matura dentro una trama di attenzioni mancate. Le strade, soprattutto quelle percorse quotidianamente, chiedono cura: manutenzione attenta, illuminazione adeguata, segnaletica chiara, visibile, comprensibile. I dettagli dei centri urbani e delle periferie non sono ornamenti secondari, ma presìdi di vita. Troppo spesso nelle nostre città l'ordinario viene trascurato. Eppure è proprio l'ordinario a trasformarsi in teatro di tragedie silenziose - don Mimmo si rivolge quindi alle istituzioni, facendo riferimento all'importanza della manutenzione delle strade, spesso trascurata - perché la vita non si difende solo con grandi opere, ma con piccoli gesti quotidiani che, silenziosamente, salvano il futuro".

Termina il parroco della Chiesa Madre: "La vita è un dono immenso, ma non è scontata. Amiamola. Proteggiamola. Onoriamola. Perché ogni respiro è un miracolo che non possiamo permetterci di sprecare".