A San Ferdinando si ricorda il dott. Sergio Cosmai: vittima biacegliese dell' ndrangheta. <span>Foto Anna Verzicco</span>
A San Ferdinando si ricorda il dott. Sergio Cosmai: vittima biacegliese dell' ndrangheta. Foto Anna Verzicco
Scuola e Lavoro

A San Ferdinando si ricorda il dott. Sergio Cosmai: vittima biscegliese dell' ndrangheta

'Il coraggio della legalità': racconta con emozione e determinazione la prof.ssa Tiziana Palazzo

Si è svolto – mercoledì 17 dicembre – l'incontro 'Il coraggio della legalità' presso l'auditorium 'Michele Dell'Aquila'.
Un momento incentrato sul racconto della prof.ssa Tiziana Palazzo – vedova del dott. Sergio Cosmai: giurista italiano di Bisceglie e vittima di un agguato ad opera dell' ndrangheta. Una serie di racconti che hanno coinvolto gli studenti di alcune classi dell'istituto.
Un saluto e un'esortazione arrivano dall'assessora Maria Riccarda Scaringi: "Tenere ben tese le orecchie a tutti gli avvenimenti. Tenere anche il cuore aperto: una società che sia volta alla legalità passa anche attraverso la coscienza dei cittadini, per tanto i cittadini sono responsabili tanto quanto le istituzioni. Possiamo farlo attraverso la cosiddetta cittadinanza attiva. Noi abbiamo un ruolo fondamentale, che è quello di denunciare: denunciare significa anche rivolgersi alle istituzioni più prossime che posso essere io che in questo caso rappresento l'assessorato all'istruzione e alla cultura, può essere un altro assessore, può essere un semplice consigliere comunale, può essere chiunque, anche i propri genitori - dicendo ciò che si è visto o semplicemente chiedendo aiuto".
Ha moderato la prof.ssa Armonia Lucia Devangelio che ha iniziato a raccontare la storia dell'omicidio del dirigente penitenziario, il dott. Sergio Cosmai: "Il suo omicidio non fu un regolamento di conti casuale, ma una brutale esecuzione mirata voluta dall'ndrangheta per eliminare un ostacolo insuperabile alla sua logica di potere. Oggi guardiamo la signora Tiziana Palazzo, lei non è qui solo per raccontare la storia di un martire civile, è qui come testimone vivente della resilienza e della forza morale che emergono dal lutto. La signora Palazzo ha trasformato il suo immenso dolore in impegno instancabile: custodire e propagare la memoria del marito. Ci insegna che la memoria non è un gesto passivo, un semplice ricordo, ma una responsabilità attiva che si esercita ogni giorno specialmente attraverso l'incontro con le nuove generazioni".

Inizia così - con un filo di voce - la prof.ssa Palazzo: "Svolgo, mio malgrado, il ruolo di voce di chi non c'è più. Mio malgrado perché non è facile rivangare cose avvenute quarant'anni fa e comunque ancora vissute quotidianamente: c'è un'assenza che è ancora deflagrante. Ma il mio mio dovere morale è proprio quello di non celebrare l'uomo - Sergio Cosmai - ma cercare di ricordare quei valori per i quali molti uomini dello Stato hanno pagato e sono stati spesso anche vittime casuali della mafia".

Un uomo - Sergio Cosmai - non da 'passerella' così come descritto dalla prof.ssa Devangelio e ribadito dalla vedova Palazzo: un uomo come tutti, come tanti, che ha scelto la strada della legalità, che ha impedito la messa in atto di atteggiamenti di potere da parte di chi quel potere non avrebbe mai dovuto averlo nelle proprie mani: "Quelle di Sergio Cosmai non erano grandi gesta, ma semplice attuazione delle regole. Piccoli gesti di potere della mafia che, eliminati, permettevano di contrastare la mafia".

Continua la prof.ssa Palazzo: "I mafiosi sono alcune migliaia rispetto alla grande dimensione dello Stato. La mafia non è stata sconfitta perché si serve della nostra zona grigia, si serve di noi. Il compito di questi incontri è cercare di farvi capire che noi non dobbiamo essere zona grigia, ma zona bianca".

Un uomo che - sin dall'età di sedici anni rimuginava su queste violenze, su questi abusi di potere sperando - da adulto - di non immischiarcisi mai:

Si legge infatti - in alcuni appunti (del 1965) di Sergio quando ancora frequentava il liceo: "Ho visto un uomo, chiuso in un ottuso orgoglio. Un uomo che non vede oltre la propria persona e il proprio interesse, del tutto inconscio del suo deplorevole stato, del tutto incapace di innalzarsi ad eccelse idealità, timido della verità. Ho paura che anche il mio rigagnolo finirà col riversarsi nello stesso fiume se non troverà un nuovo corso da seguire".

Un rigagnolo che non si è riversato in quel fiume, come afferma emozionata la prof.ssa Palazzo: "No il suo rigagnolo non è finito nello stesso fiume delle indifferenze . Questa è sicuramente una storia a sé, ma una storia che ancora parla a voi": afferma la vedova Palazzo ricordando ai ragazzi quanto non bisogna essere eroi per agire nel modo giusto, ma bisogna essere persone consapevoli e pronte a percorrere la strada della legalità, della non violenza, della ragionevolezza.

Un racconto, quella della vedova Palazzo, dettagliato e doloroso. Il racconto di un uomo che - a soli trentasei anni - ha perso la vita per aver agito sempre in modo corretto, con un comportamento incentrato sulla pace piuttosto che sulla violenza: "un' insubordinazione del funzionario dello Stato al potere mafioso che ha portato all'ordine dell'assassinio": rircorda Tiziana Palazzo.

Così il direttore della casa circondariale di Cosenza fu ucciso da una serie di proiettili mentre - con la sua 500 gialla - si dirigeva verso l'asilo di sua figlia Rossella - di appena tre anni - e con una moglie di soli ventotto anni - incinta del secondo figlio che prenderà poi il nome del padre - che lo aspettava a casa.

Una storia drammatica che ha spezzato una giovane vita e indirettamente altre tre: quella della sua famiglia: "I mandanti - Nicola e Dario Notargiacomo e Stefano Bartolomeo- furono condannati all'ergastolo dal tribunale di Trani e assolti da quello di Bari per insufficienza di prove - continua in un secondo momento - dopo ventinove anni è stata espressa la condanna contro il mandante che però ha avuto gli arresti domiciliari".

"Questa vicenda che ricorda la famiglia Cosmai, non ricorda solo la famiglia Cosmai, ricorda tutti. Dobbiamo entrare nell'ottica che ogni qualvolta un uomo giusto viene fermato addirittura con l'assassinio, ognuno di noi perde la possibilità di un mondo migliore e di un mondo più giusto. Ognuno dovrebbe provare la perdita di Sergio Cosmai, di Paolo Borsellino, di Giovanni Falcone. Non dobbiamo parlare di queste storie come molto lontane da noi, potevamo essere noi al posto loro. Potremmo essere noi, un domani, al posto loro. E quindi dobbiamo fare in modo che queste cose non si ripetano più. Tutto ciò che avviene in Sicilia, in Campania, a Foggia ci appartiene. Ed è questo il senso di questo incontro".

Ricorda poi la prof.ssa Palazzo come nell' 1985 la mafia 'non esisteva': "Dal 1992, dopo gli attentati contro Falcone e Borsellino, si è cominciato a parlare apertamente di questo problema. Ma nel 1985 era tutto coperto da un silenzio omertoso".

Parla poi la prof.ssa Tiziana Palazzo - verso la fine dell'incontro - dell'importanza del ricordo anche dei ragazzi delle scorte: "Giovani della Polizia di Stato che mettono a repentaglio la propria vita e di cui spesso non vengono ricordati i nomi": un ricordo al quale ha pensato proprio il figlio della signora Palazzo e di suo marito - Sergio Cosmai - concept artist che dedica la sua tesi di laurea incentrata sulle vittime della mafia - tra i quali purtroppo anche suo padre - agli uomini della scorta.
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