Cava di Cafiero
Cava di Cafiero
Vita di città

Cava di Cafiero apre le porte al territorio

Legambiente Margherita di Savoia è il gestore

Un'oasi naturalistica resa di nuovo fruibile. La Cava di Cafiero a San Ferdinando di Puglia apre le porte ai visitatori. A gestirla Legambiente di Margherita di Savoia. Da diverso tempo l'area versava in uno stato di degrado. Adesso i luoghi sono stati ripristinati con aree gioco, percorsi naturalistici e una ecobiblioteca per grandi e piccoli con al suo interno libri riguarda il tema della natura. La cava è famosa per il gran marrone, una pietra pregiata da taglio ornamentale. Il simbolo è un imponente frantoio in legno costruito nel 1932 utilizzato per la frantumazione della pietra. «La cava è un'oasi naturalistica ripristinata da un'ex discarica - ha affermato il presidente di Legambiente Ruggero Ronzulli -. Per il territorio è molto importante. È nata con l'attività dell'uomo, è stata distrutta proprio a causa dell'uomo e la natura è tornata a essere padrona dei suoi luoghi».

La cava è situata nella contrada intitolata al conte San Samuele Cafiero alla periferia della città. Cafiero era il nome di una antichissima famiglia nobiliare napoletana che nella zona della valle dell'Ofanto possedeva diversi beni, fra cui la villa vicino la cava che oggi ospita una sala ricevimenti. La cava prende il nome da Luigi Cafiero, discendente del conte, che agli inizi del 1900 decise di impiegare ben 8 ettari dei suoi terreni in contrada San Samuele a San Ferdinando di Puglia per creare la cava. Veniva estratta una pietra pregiata ma poco competitiva sul mercato. La frantumazione nel frantoio di legno e ferro avveniva attraverso degli ingranaggi avviati da traini ad animale che trasportavano i massi fino a una botola ai piedi della struttura. Delle pale sollevavano la pietra, se troppo grande veniva rotta dagli operai, fino al frantumatore. Al termine se serviva la ghiaia i lavoratori finivano l'opera manualmente con dei martelli. Strade e palazzi di San Ferdinando conservano ancora il gran marrone. Negli '70 l'abbandono della cava. La sua rovina il modo di estrazione e di lavorazione. Data la durezza del materiale per smembrarlo veniva utilizzata della dinamite inserita nei fori praticati da un martello pneumatico. A questo si aggiunsero un costo inferiore al valore di mercato della pietra e per lavorarla necessitavano strumenti in possesso solo dei marmisti di Canosa di Puglia con costi aggiuntivi. Nel 2016 il comune di San Ferdinando diede alla luce un pezzo di storia del territorio, creando un'oasi naturalistica con laghetto, giochi, area fitness e picnic. «In Puglia ci sono oltre 2.500 le cave dismesse e abbandonate - ha concluso il presidente di Legambiente -. Questo è un grande esempio di come le cave possono essere rese fruibili come oasi naturali».
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